Comunicati stampa per l'EANM, European Association of Nuclear Medicine, sui nuovi sviluppi e i vantaggi dell'imaging nucleare.

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Combattere il cancro con l’immunoterapia: i vantaggi dell’imaging molecolare

L’immunoterapia dà speranza a molti malati oncologici che non rispondono in modo soddisfacente alla chemioterapia. Questo tipo di trattamento non è però efficace per tutti i pazienti e può anche rivelarsi dannoso. “La tomografia a emissione di positroni (PET) permette di monitorare con precisione il processo di trattamento e di valutarne il risultato” – spiega il Prof. Nicolas Aide, specialista dell’Associazione Europea di Medicina Nucleare (EANM) – “Questo metodo di imaging molecolare è di fondamentale importanza per la cura dei pazienti perché consente ai medici di distinguere chiaramente gli effetti positivi e negativi dell’immunoterapia”. L’immunoterapia rappresenta una rivoluzione nella cura contro il cancro ed è diventata una nuova speranza per molti malati oncologici. Finora è stata utilizzata principalmente per trattare il melanoma e il cancro ai polmoni, e ha portato beneficio a numerosi pazienti che non rispondevano in modo soddisfacente alla chemioterapia. La cura immunoterapica si basa sui cosiddetti inibitori dei checkpoint immunitari (ICI), anticorpi che non colpiscono direttamente il tumore, ma rafforzano il sistema di difesa del corpo. In linea di principio il sistema immunitario è capace di individuare e distruggere le cellule tumorali, le quali però possono attivare dei meccanismi per aggirare o bloccare le difese attraverso alcune vie di trasduzione del segnale che “mettono dei freni” alla risposta immunitaria. Allentare i freni I “freni” usati dal tumore sono i cosiddetti checkpoint immunitari. Si tratta di recettori presenti sulla membrana dei linfociti T citotossici, che normalmente impediscono alle suddette cellule di scatenare reazioni autoimmunitarie dannose per il corpo. Fortuna- tamente, alcune cellule tumorali sono in grado di raggirare i checkpoint attivandoli ed eludendo così il sistema immunitario. È a questo punto che entrano in gioco gli inibitori dei checkpoint immunitari (ICI). Queste proteine bloccano i checkpoint immunitari, permettendo ai linfociti T di svolgere il loro lavoro e attaccare le cellule tumorali. Se il sistema immunitario riesce a identificare il tumore come nemico, di solito è in grado di operare in modo efficace e di distruggere il tumore in qualsiasi area si sviluppi. Tuttavia, analogamente a quanto avviene in gran parte dei trattamenti anticancro, l’immunoterapia non è valida per tutti i pazienti e può risultare addirittura nociva. I suoi effetti dipendono in larga misura da particolari caratteristiche del tessuto tumorale. Per questo è necessario eseguire un esame approfondito del paziente e un monitoraggio accurato del processo e dei risultati del trattamento. L’unica tecnica di imaging capace di svolgere in dettaglio questi compiti è la tomografia a emissione di positroni (PET). Questa metodica si basa sull’uso di sostanze radiomarcate come il glucosio (FDG), che vengono iniettate nel paziente. Tali sostanze, dette traccianti, individuano le cellule tumorali e altri tipi di alterazioni cellulari con un’elevata precisione e affidabilità evidenziando il loro metabolismo.

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